Devozione Popolare: i Pilastrini di Montagna

Per descriverli Aldo Palazzeschi usa il termine dotto, quello letteralmente più corretto di ‘tabernacolo’ (dal latino Tabernaculum, diminutivo di taberna, dal significato di piccola dimora) termine ben noto ed entrato nel lessico della cristianità con significati specifici sia come tabernacolo per l’Eucaristia, sia come piccola dimora per le immagini sacre nelle case, nei campi e lungo le vie.

Nella montagna bolognese, si chiamano pilastrini, in particolare nella montagna monghidorese. Data  la vicinanza con la Toscana, però, basta spostarsi di poco e già sulla strada vecchia della Futa, passati i cippi sul ponte delle Filigare, prendono il nome di maestà. In altri luoghi, più o meno distanti, sono conosciuti come capitelli, vergìnine, edicole, cellettine, sacelli, madonnine, madonnelle, romitori, spedalini. Il termine toscano di maestà è quello più colto e più antico e ricorre in documenti topografici ed ecclesiastici almeno dall’età della Controriforma. La Maestà, nello specifico, è un piccolo e basso edificio con copertura a capanna, che espone ad altezza di uomo immagini sacre, quasi sempre a soggetto mariano, o in carta o dipinte sul muro, protette in profonde nicchie.

Il pilastrino, invece, espone statuette e bassorilievi, in terracotta e ceramica, che non temono né pioggia né gelo né sole a picco e che quindi non hanno bisogno di abitacoli e tettucci, ma possono svettare vero il cielo. Il soggetto prevalentemente esposto è quello della Vergine Maria, Madre di Dio, per cui si spiega perché le edicole vengano anche chiamate verginine o madonnine.

Il pilastrino è un piccolo pilastro in senso architettonico, con sezione quadrata o rettangolare, che può essere sollevato dal piano terreno da scalini (crepidoma) che formano un piano d’appoggio (stilobate). Su uno zoccolo si innalza il fusto, raccordato con una base modanata, e su di esso, con le proporzioni di un capitello corinzio, appoggia il tempietto, ovvero il tabernacolo vero e proprio che espone l’immagine. Una mensola e una cornice, a loro volta modanate, delimitano in orizzontale la zona del tabernacolo, su cui sopra si innalza una cuspide, a volte sormontata da una sfera in ferro battuto che protende verso il cielo. Nel territorio del Comune di Monghidoro ne sono stati censiti circa una ventina.

In questa sezione è possibile trovarne alcune descrizioni.