Grazie alle informazioni storiche reperite presso il Museo Bombicci di Bologna da Leonardo Rosciglione e Claudio Baratta, al lavoro di ricerca di volontari appassionati, Patrizia Grillini e Carla Garavaglia referente Oltr’Alpe, presentiamo notizie e dati relativi a tre vecchie miniere nelle Valli dell’Idice e del Sillaro, per i sondaggi effettuati dal 1607 al 1902.

Ofioliti e vecchie miniere nella Valle dell’Idice e del Sillaro

Nel territorio bolognese le uniche attività minerarie metallifere a livello industriale che ebbero un certo successo estrattivo ed economico furono quelle di Bisano e Sassonero, rispettivamente nella Valle dell’Idice e del Sillaro. I minerali, utili industrialmente per ricavare rame, che vi si trovavano erano: calcopirite, bornite, calcosina o calcocite, con rinvenimenti di carbonati di rame, quali malachite con azzurrite e rame nativo in piccole quantità. Presso il Museo Capellini di Bologna è possibile osservare collezioni di alcuni di questi minerali di cui qui si allegano foto.

MINIERA DI GURLANO NEL PARCO LA MARTINA

Nel Parco de La Martina, la miniera di Gurlano (o Sasso Gurlino) con attigua discarica, può essere oggi definita non più di un saggio minerario, in pratica una galleria di esplorazione di 55 metri, scavata con esito negativo nel 1902 nella roccia ofiolitica. Questa galleria di assaggio fu creata in concomitanza ai tentativi di riattivazione delle miniere di Bisano e Sassonero, a seguito della loro chiusura ed ulteriore revoca di concessione risalente al 1885. Negli anni 1900-1901 e 1902, dopo il rincaro del prezzo del rame, esse vennero parzialmente riattivate dal Sig. Cesare Farnè e dal Conte Giovanni Codronchi di Imola con concessioni minerarie separate. Dopo questi tentativi in queste tre zone nessuno si è più interessato a tali lavori, ad eccezione della ricerca a carattere collezionistico, all’interesse naturalistico e biospeleologico dell’area.

A fine novembre 2019 si è concluso il cantiere dei lavori presso il Parco de La Martina (Comune di Monghidoro) previsti dal progetto GAL “Investimenti diretti ad accrescere la resilienza ed il pregio ambientale degli ecosistemi forestali del 2018 (PSR 2014-2020) Misura 19-TIPO OPERAZIONE 8.5.01. Il Parco, grazie anche al lavoro dei volontari, è ora dotato di una buona sentieristica e sono ben visibili e accessibili molte pozze e aree umide. E’stata valorizzata anche l’area del geosito di Monte Gurlano con la relativa miniera.

Ritrovamento rame nativo su basalto alta valle dell'Idice

MINIERA DI BISANO

La miniera di Bisano fu la più importante a livello estrattivo e produttivo della zona ed è storicamente nota dal 1674, quando il Marchese M. Antonio Montalbano della Fratta1 scoprì il giacimento. Altre notizie della zona risalgono al 1781, fornite dall’abate Serafino Calindri 2 che cita in alcuni scritti il Conte M. Hercolani come protagonista di ritrovamenti di minerali di rame nei dintorni del paese di Bisano. La vera ricerca mineraria fu iniziata dalla Società Mineralogica Bolognese, con sede a Bologna in Piazza Calderini, che nel 1846 iniziò la ricerca sul colle sovrastante il piccolo paese di Bisano. Fu proprio in questa occasione che fu individuata la concentrazione di minerale che diede inizio allo scavo del pozzo ottagono. Poi, nel 1847, venne costituita una Società per compiere ricerche nelle province di Bologna e Ravenna; successivamente, nel 1855, si ottenne dal Governo Pontificio il permesso di ricerca e sfruttamento industriale di due giacimenti cupriferi, Bisano e Sassonero, attualmente siti nel Comune di Monterenzio. Vennero effettuate anche altre ricerche in località minori della zona: Fenarina, a circa un chilometro da Bisano, Pianelle a circa quattro Km da Bisano, Fontanelle, presso Monte Gurlano (o Sasso Gurlino). Tali sondaggi vennero ben presto abbandonati per intensificare le ricerche nella miniera di Bisano, portandosi dopo alcuni anni di attività estrattiva alla profondità di 150 metri sotto il livello dell’Idice, con sette livelli di ricerca. Mentre un ottavo livello di galleria era in fase di scavo, l’attività estrattiva vera e proprio cessò. Erano iniziati i lavori di scavo di un nono livello e un decimo livello era allo studio; tale livello avrebbe portato l’esplorazione sotterranea a 300 metri di profondità, perché si ipotizzava il ritrovamento del cosiddetto “nucleo” o “vena principale” (ipotesi ottocentesca). Questa teoria aveva animato lo spirito di ricerca della Società Mineralogica, giustificato dal costante aumento di concentrazioni cuprifere in profondità. Si hanno notizie in merito all’effettiva attività della miniera documentate fino al 1866 da una relazione del Prof. Giuseppe Meneghini 3 , allora direttore della miniera di rame di Bisano.

In relazione alla storia geologica dell’Appennino, la stessa origine geologica delle argille scagliose, materiale in cui erano scavate le miniere di Bisano e Sassonero, conferma che non possono esistere vene o filoni costanti di rame o altri minerali metallici coltivabili in grandi giacimenti, ma possono esistere affioramenti ofiolitici alloctoni contenenti minerali di rame o rame nativo. A metà dell’ottocento potendo contare sulla manodopera locale montana e con i mezzi e costi di gestione di allora, l’estrazione si rese realizzabile.

Da fonti storiche, la Miniera di Bisano ebbe una vita di oltre 20 anni di attività e raggiunse uno sviluppo complessivo lineare di gallerie di 2.026 metri nel 1858 (sviluppo raggiunto in 3 anni di intenso scavo, dal 1855 al 1858, dato documentato). Da quanto riportato da Claudio Baratta 4, l’estrazione del minerale iniziò già nel 1847 e continuò fino al 1866, indipendentemente dai permessi vari documentati. Le informazioni dettagliate sulla miniera di Bisano nei trattati di Meneghini 3 , che arriavano al 1866, sono conservati all’Archiginnasio di Bologna.

La Miniera diede lavoro mediamente a 110 persone tra cui 86 minatori, scavatori, scariolanti che lavoravano in due turni, diurno e notturno, 3 fabbri e 10 carpentieri, ai quali si aggiungevano un numero variabile di carrettieri utilizzati per il trasporto del legname e vari altri materiali. Inoltre c’erano anche contabili e superiori. Il trasporto del minerale estratto era fatto dai muli. Tale struttura portò un certo benessere alla popolazione di Bisano e dintorni.

L’estrazione del minerale cuprifero dal fondo delle gallerie avveniva con argani e burbere azionati da cavalli e muli o manualmente. Solo negli ultimi anni di attività della miniera venne impiegato un macchinario detto “locomobile”, che azionava l’argano del pozzo maestro per il sollevamento del materiale. Parte del minerale estratto veniva mandato a Liverpool in Inghilterra, per accordi intercorsi con le compagnie inglesi, con quantità medie di minerale variabile di anno in anno da 6000 Kg a 50.000 Kg come massimo produttivo noto (Claudio Baratta 4). Il restante materiale veniva arricchito e lavorato nelle officine locali. Dagli scritti di Bombicci 5 per la miniera di Bisano risulta che durante gli scavi delle gallerie vennero incontrati nelle argille scagliose blocchi colossali di minerale, in prevalenza bornite (solfuro di rame e ferro). Uno di essi raggiungeva il peso di 39 tonnellate. Altri blocchi minori, di 1200 e 114 Kg, furono ritrovati tra il 5° e il 6° livello, mentre l’ottavo livello era interessato dalla presenza di serpentino impregnato da bornite e calcopirite per una lunghezza di 16 metri. Le gallerie e i pozzi delle miniere di Bisano e Sassonero erano scavate nelle argille scagliose di facile scavo e asporto, ma di scarsa stabilità, quindi erano rinforzate tramite strutture murarie con volta a botte e strutture di sostegno lignee, che garantivano una certa sicurezza a chi operava all’interno della miniera. Il trasporto avveniva mediante l’uso di carrette in legno, spinte dagli scariolanti, suddivisi in turni di lavoro; inizialmente assenti impianti con carrelli e binari, al contrario di quanto avveniva nella miniera di Montecatini Val di Cecina, miniera simile a quella di Bisano ma con quantità di materiale maggiore.

Miniera di Bisano - disegno Claudio Baratta
Ingresso Galleria Augusta, ormai crollato

MINIERA DI SASSONERO

Sulla riva orografica destra del torrente Sillaro, non lontano da Sassoleone e sotto la Villa di Sassonero, emerge da argille scagliose a circa 200 metri sul livello del torrente, l’ofiolite di Sassonero, formata da rocce di natura magmatica. Sulla riva sinistra del Sillaro sorge un piccolo ammasso roccioso ofiolitico che da tempo attirava attenzione per tracce di carbonati di rame. Nel 1853 furono iniziati i lavori esplorativi in galleria di questo giacimento. A causa dell’instabilità del terreno sulla riva sinistra, si dovette scavare un pozzo sulla riva destra del Sillaro e giunti alla profondità di 20 metri furono iniziati 3 livelli di gallerie:

  • il 1° livello di gallerie con sviluppo di 72 metri;
  • a 30 metri di profondità il 2° livello con sviluppo di 151 metri;
  • a 56 metri di profondità il 3° livello con sviluppo di gallerie di 312 metri.

Tutte queste gallerie passavano sotto il torrente Sillaro, con grossi problemi di infiltrazione e inondazioni improvvise, saturazioni gassose causate da metano, che costringevano le maestranze alla prudenza e ad abbandoni improvvisi e rapidi delle gallerie. Con successivi lavori di aerazione e con l’istallazione di ventilatori fu possibile l’estrazione del minerale in sicurezza. La miniera di Sassonero, inferiore per importanza e produttività rispetto a quella di Bisano, annovera al 1858 uno sviluppo totale delle sue gallerie di 615 metri impostati su tre livelli di gallerie, con un quarto livello allo studio, che si aprivano sotto la modesta ofiolite sopracitata, sottostante la grande massa ofiolitica di Sassonero. Superato con lo scavo il piccolo affioramento, furono intercettate altre concentrazioni cuprifere disperse nelle argille che giustificarono i 600-800 metri di gallerie, scavati nel 1861, oggi purtroppo non visibili, come del resto gli impianti murari dell’epoca ormai demoliti.

La piccola miniera di Sassonero non raggiunse mai l’importanza della vicina miniera di Bisano, ma contribuì al raggiungimento di quantità ottimali di materiale cuprifero che diedero impulso alla continuità dei lavori e al sostentamento economico delle popolazioni locali montane legate ai redditi derivati da sfruttamenti agricoli. Dal 1849 al 1858 vennero spedite a Liverpool 3.000 libbre (1360,777 Kg-13 quintali) di buon materiale, unite alle 12.000 libbre (5443,1084 Kg-54 quintali) di Bisano.

L’articolo di Roberto Sarti 6 conferma che le gallerie della miniera erano state attivate fino a tre livelli, rinforzate con strutture murarie e lignee e si conosce che nel 1861 lo sviluppo totale dei lavori eseguiti era di circa 800 metri lineari di lunghezza. 

L’estrazione del minerale a Bisano e Sassonero non fu mai molto copiosa, tanto che la società non ricavò cospicui utili dalla ricerca e più volte dovette ricorrere alla vendita delle azioni. Furono 800 le azioni acquistate da soli 145 soci alla data del marzo 1861. I minerali utili raccolti nella miniera di Bisano e Sassonero si possono riassumere in rame paonazzo o erubescite, rame giallo e calcopirite, rari rinvenimenti di rame carbonato e di rame nativo.

Minerale Cuprifero - Sali di Rame e Malachite
Rame Nativo
Ritrovamento Miniera di Sassonero

FOTO e DISEGNI:

© Carla Garavaglia, Patrizia Grillini, Claudio Baratta

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

Fonti storiche per Bisano e bibliografia di riferimento

1 – Pratica minerale, trattato del March. Marco Antonio Della Fratta et Montalbano- 1678-.

2- Serafino Calindri – 1781-Speleologia emiliana 2000- numero 11 anno XXVI -IV serie dicembre 200- BIBLIOGRAFIA-ED ELENCO CATASTALE DELLE CAVITA’ ARTIFICIALI DELIA PROVINCIA DI BOLOGNA di Danilo Demaria- Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese.

3 – Meneghini G. (1853) -Rapporto sulle zone minerarie di Bisano e Sassonero. Nuovi annali sc. nat. serie III Tom, VIII Bologna.

Meneghini G. (1858) – Rapporto e descrizione dei lavori minerari eseguiti dal luglio 1849 al 15 maggio 1858 –inedito.

Meneghini G. (1866) -Rapporto sui lavori eseguiti nella miniera ramifera di Bisano da maggio 1865 a luglio 1866 – inedito.

Giuseppe Giovanni Antonio Meneghini (Padova30 luglio 1811 – Pisa29 gennaio 1889) è stato un naturalista e politico italiano. Nel 1834 si laureò in medicina chirurgia all’Università di Padova e dall’anno seguente ricopri il ruolo di assistente alla cattedra di Botanica della stessa Università. Nel 1839 fu nominato Professore Ordinario di Scienze Preparatorie, fisica, chimica e botanica, del corso d’insegnamento di Chirurgia. Nel 1848, per ragioni politiche, fu cancellato dal ruolo di professore dalla I.R. Università di Padova. L’anno successivo si stabilì quindi all’Università di Pisa, dove con Decreto Granducale fu nominato professore di Mineralogia e Geologia e divenne direttore del museo dell’Università, in sostituzione della cattedra occupata da Leopoldo Pilla, caduto sul campo della battaglia di Curtatone e Montanara. Nel 1860 fu nominato socio dell’Accademia nazionale delle Scienze. Fu senatore del Regno d’Italia nella XVI legislatura (1886). Morì nel 1889 a Pisa, dove in seguito gli fu dedicata una via. Meneghini fu autore di numerose pubblicazioni e monografie, concernenti argomenti di fisiologia, medicina e soprattutto botanica (algologia). Successivamente si occupò di geologia. Considerato il fondatore della Scuola geologica pisana, nel 1882 fu presidente della Società Geologica Italiana.

4- Guido Pedroni-Leonardo Rosciglione-Maurizio Varoli-Claudio Baratta-1996- I minerali delle ofioliti nell’Appennino Bolognese e Modenese-Gruppo AVIS Mineralogia e Speleologia.

5- Luigi Bombicci-1882-Montagne e vallete nel territorio di Bologna-Cenni sulla oro-idrografia, geologia, litologia, mineralogia dell’Appennino e sue dipendenze: con una carta geologica e una oro-idrogeologica.

6-Sarti R.-1983-Miniere di rame in Bisano e Sassonero. Monterenzio e la valle dell’Idice, ed.Grafis, Casalecchio di Reno, pp.363-369. Scavi e saggi minerri nelle vallate dell’Idice e del Sillaro e breve storia della Società Mineralologica Bolognese.

7- Calanchi N. -1982 Rame nativo in località “I Tre Rii “Monte Gurlano (Bologna)Riv. Min. Ital. n.4 pp122 ED GML e Museo Civico St. Milano

8-Sarti R.-1983- Miniera di rame in Bisano e Sassonero. In Monterenzio e la Valle dell’Idice Ed. in proprio

9-Bianconi G.- Considerazioni sul deposito di rame di Bisano Scienza applicata vol.1 parte 2 fasc.11-12 pp17.

10-Pedroni G. -1993- Mineralogia della Valle del Sillaro Riv. Min Ital. n. 1 Ed Museo Civico St. Nat. Milano

Geositi dell’Emilia Romagna-Miniera di Bisano

https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=159

Geositi dell’Emilia Romagna-Sassonero

https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=169

Geositi dell’Emilia Romagna-Monte Gurlano

https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=157