Geolitologia e geomorfologia del territorio di Monghidoro

Le formazioni geologiche presenti nell’ambito del territorio comunale di Monghidoro e dell’Alpe condizionano in maniera determinante l’aspetto del paesaggio, sia per quanto concerne le caratteristiche geomorfologiche, la copertura vegetale, la struttura dei suoli, sia per quanto riguarda la localizzazione e la forma degli insediamenti e il tracciato della viabilità principale e secondaria. Il torrente Idice costituisce il limite tra le due formazioni geologiche più rappresentative. Sul versante sinistro e fino al Savena il Flysch arenaceo marnoso, sul versante destro il Complesso caotico indifferenziato, più conosciuto come Argille scagliose.

Carta litologica e geomorfologica del Comune Monghidoro

Carta litologica e geomorfologica del Comune di Monghidoro dove si evidenziano le 2 principali litologie riferibili in rosso al Flysch di Monghidoro, prevalente nell’area dell’Alpe di Monghidoro e in verde al complesso caotico indifferenziato delle Argille scagliose, prevalente nell’area de La Martina. Immagine tratta da G. Vianello, “Monghidoro: il territorio” in AA. VV., “Mons Gothorum, la sua gente, il suo territorio dal Medioevo ad oggi”, Marino Cantelli editore, Castelmaggiore, 1988, p.19.

Sezioni tridimensionali del territorio del Comune di Monghidoro

Sezioni tridimensionali del territorio del Comune di Monghidoro espresse graficamente in maniera simbolica. Sezione A: direzione NO-SE contatto tra il Flysch la di Monghidoro e il Complesso Caotico Indifferenziato (Argille scagliose). Sezione B: direzione NNE-SSO stratificazione dell’uso del suolo sulla formazione marnoso arenacea: fino agli 800 m, rimboschimenti a conifere, fino a 900 m, latifoglie di roverella e carpino e domino del faggio fino oltre 1000 m. Immagine tratta da G. Vianello, “Monghidoro: il territorio” in AA. VV., “Mons Gothorum, la sua gente, il suo territorio dal Medioevo ad oggi”, M. Cantelli editore, Castelmaggiore, 1988, pp. 15-23, modificata C. Garavaglia.

Il Flysch arenaceo-marnoso, conosciuto nella letteratura geologica anche con il nome di Formazione di Monghidoro, che si estende fino alla Valle del Setta, rappresenta l’alternanza di banchi di arenarie grossolane, variamente cementate, con strati marnosi variabili per spessore e per composizione mineralogica da luogo a luogo. Riferibile al Paleocene-Cretaceo superiore (circa 70 milioni di anni fa), la Formazione di Monghidoro mostra una generale direzione nord-est/sud-ovest degli strati rocciosi tra Idice e il Savena, con immersione a nord-ovest, dando luogo a un potente monoclinale; questo fa sì che mentre sul versante Savena il pendio tende a degradare secondo l’andamento degli strati più o meno inclinati del pendio (strati a franapoggio), su quello dell’Idice l’affiorare degli strati origina o rotture di pendenza con scarpate e pareti sub verticali, o vere e proprie gradonate, nelle quali spesso i banconi di arenaria sporgono verso l’esterno a causa della maggiore resistenza all’erosione a differenza degli interstrati marnosi più fragili. Le rotture di pendenza vengono così a creare improvvisi salti d’acqua, con formazione di cascatelle e piccole forre: si originano, quindi, suggestivi scorci di paesaggio, come nei pressi del Mulino dei Bacci in Val d’Idice.

Flysch di Monghidoro, versante destro dell'Idice visto da Mulino dei Bacci

Flysch arenaceo-marnoso presso Mulino dei Bacci- Valle dell’Idice.

Sul versante sinistro dell’Idice, la forte pendenza favorisce il crollo verso valle di blocchi di dimensione variabili, che hanno dato origine a depositi di versante a prevalente granulometria fine, con elementi grossolani (Pallerano, Vescovado, La Fiumana, la recente la frana dell’Ampugnola a marzo 2018). I blocchi e i frammenti che si staccano dal Flysch a causa della degradazione meteorica possono precipitare a valle dando origine a depositi di versante. Sul versante destro del Savena, la disposizione a franappoggio degli strati ne favorisce talvolta lo slittamento l’uno sull’altro verso valle (Cà di Griffo, Frassincò, Rio Rimandi, Cà Mengoni, con riferimento alla frana nell’area del Rio degli Ordini 2013.

Situazione analoga si osserva nella valle del Savena, versante sinistro, dove la ripidità dei pendii favorisce crolli e frane, le cui aree di distacco sono ancora visibili percorrendo la Fondovalle Savena, come in prossimità di Molino di Grillara, Balzo dei Cigni, Molino di Donino, dove una frana aveva interrotto il sentiero CAI 921, ripristinato nel 2019. Una bella immagine che mostra come siano disposti gli strati nel Flysch, originatosi da torbiditi, si ha in prossimità del Mulino di Carlino, fondovalle Savena.

Strati del Flysch, fondovalle Savena, sopra il Mulino di Carlino

Nel passato, i blocchi di arenaria più consistenti venivano opportunamente squadrati ed utilizzati nell’edilizia; alcune cave che usavano questi materiali hanno operato anche dopo la II guerra mondiale ed erano per lo più localizzate nei pressi di Monghidoro (Balze di Carlino, Cà di Morino, Canovetta di Sopra nella frazione di sant’Andrea di Savena). Blocchi di arenaria da tali cave sono stati usati negli anni trenta per la costruzione della Torre di Maratona dello stadio Renato Dall’Ara di Bologna. Un lembo circoscritto del Flysch arenaceo marnoso della formazione di Monghidoro si trova anche sul versante destro del Torrente Idice, in corrispondenza della località La Martina, in corrispondenza della Cava del Poggio, sopra il castagneto accanto al Borgo, da cui si estraevano blocchi in arenaria per la costruzione delle case locali. Le particolari caratteristiche della roccia e dei suoli che si sono formati su di essi hanno favorito il rimboschimento della zona, ove è stato costituito un Parco Provinciale nel 1972, in virtù delle sue emergenze naturalistiche, ora compreso nel SIC IT4050015 La Martina, Monte Gurlano. (Superficie: 1107 ha, circa 11 Km2.

Altri punti in cui osservare su roccia nuda come sono disposti gli strati del Flysch sono:

  • la parete di M. Oggioli
  • la cima di M. Freddi
  • la cima di M. Venere
  • presso l’area dell’Alpe di Monghidoro la già citata area di frana del rio degli Ordini
  • lembi non ricoperti dalla vegetazione presso Balzo Arcigno e verso Malpasso, anche sulla Via degli Dei prima della Piana degli Ossi,m su sentiero CAI 901.

 

Una descrizione petrografica delle arenarie di Monghidoro come materiali litoidi, con foto al microscopio, ci è stata fornita per gentil concessione del Prof. Bargossi nel 2016. Per maggiori informazioni consultare la pagina dedicata.

Il versante orientale del Torrente Idice è rappresentato invece da materiali litoidi per lo più non stratificati, eterogenei e in condizione di estrema caoticità, da cui la denominazione di Complesso caotico indifferenziato. Tale formazione risale all’età cretacica, quando un evento geologico portò al sollevamento di un’estesa area corrispondente all’attuale mar Tirreno; fanghiglie e blocchi di roccia ad esse sottostanti, furono strappati dai fondi oceanici e successivamente rovesciati e riversati nell’attuale Appennino ligure tosco emiliano. Questa massa chiamata del “caotico indifferenziato” ha quindi costituito una coltre gravitativa traslata nell’area tirrenica fino al margine nord est dell’Appennino (Torrente Sillaro), formata essenzialmente da argilliti grigie verdastre, completamente scompaginate, chiamate genericamente con il nome di “Argille scagliose”, inglobanti frammenti e lembi di rocce sedimentarie, eruttive e metamorfiche di differenti età e origine (per maggiori informazioni in merito, vedere la pagina dedicata ‘Argille Scagliose‘).

Le specifiche caratteristiche fisico meccaniche delle argille, in grado di assorbire rapidamente grandi quantità di acqua, favoriscono lo scolamento di tali materiali lungo il versante orientale dell’Idice, dando origine a franamenti ed erosioni idriche, per lo più orientate verso Nord Est. In questo mare di Argille Scagliose emergono le masse ofiolitiche di Monte Gurlano, (brecce di rocce ofiolitiche, basalti, gabbri e serpentine), del Sasso della Mantesca, (gabbri eufotidi e serpentiniti), del Sasso di San Zenobi (serpentinite), di Sassonero (brecce ofiolitiche, basalti a pillows diaspri) e i veri rilievi montuosi di M. Beni, Sasso di Castro, Monte Rosso, con cime che superano i 1200 m. I numerosi tipi di rocce eruttive e metamorfiche, presenti come lembi o zolle di varie dimensioni, inglobate entro le argille scagliose, sono comprese sotto il nome di ofioliti (o rocce verdi) e danno origine ad interessanti e suggestivi paesaggi, di grande valenza naturalistica. Oltre al già citato Monte Gurlano, sono inclusi  nel SIC IT5140001 Passo della Raticosa, Sassi di San Zanobi e della Mantesca (2208 ha, circa 22 Km quadrati) e nell’adiacente SIC IT 5140002, Sasso di Castro e Monte Beni (812 ha, circa 8 Km quadrati), entrambi nel Comune di Firenzuola (FI). Dal Sasso della Mantesca si ricavavano pietre, che servivano per macinare il granoturco. Alcuni esempi sono conservati presso il Mulino di Mazzone, Piamaggio, alla destra del Rio del Piattello, mulino didattico visitabile e ancora in uso. Si ricorda anche l’attività mineraria del passato connessa all’estrazione di rame in località Bisano e Sassonero, nel territorio di Monterenzio, e di Gurlano in territorio di Monghidoro. (vedi sezione dedicata ofioliti e vecchie miniere).

La collaborazione dei volontari di Oltr’Alpe e del Cai Bologna – Sezione Est con i relativi vicini dell’Oasi del Covigliaio, del SIC Sasso di Castro e Monte Beni (Comune di Firenzuola ,Toscana) permette già da quattro anni di collegare, tramite sentieri riaperti e di cui si fa manutenzione annuale, la cima dell’Alpe con Monte Oggioli, Monte Freddi, Monte Beni e Sasso di Castro. Questo itinerario viene proposto annualmente nell’evento “Trail delle 3 cime”, organizzato dalla Polisportiva di Covigliaio. Tutto ciò favorisce la scoperta del SIC Sasso di Castro e Monte Beni e della frazione di Pietramala, collegata da sentieri che permettono di accedere alla Rocca di Cavrenno, al Monte Canda, al Passo della Raticosa e all’Alpe di Monghidoro, e che permettono, poi, di collegarsi, tramite il tratto “alta via dei Parchi” e i sentieri CAI 801 e CAI 805, all’area del Parco de La Martina. Nella nuova carta turistica realizzata da Oltr’Alpe a giugno 2019, i sentieri sono descritti nell’itinerario 7 Sasso di Castro, 8 Monte Canda, 9 Poggio Turchino-Alpe, 10 Fantorno-M. Beni. Poco più lontano dal crinale appenninico, il Colle dei Tre Poggioli e la Rocca di Cavrenno sono due formazioni di calcari a calpionella, dell’inizio del Cretaceo datate circa 135 Ma. Le masse più vaste galleggianti nelle Argille scagliose sono quelle che hanno originato il Monte Canda e il Monte Carpinaccio, in versante toscano, costituite da calcari marnosi biancastri dell’Eocene inferiore. Dal Monte Canda (m 1178), nei cui pressi passa il valico della Raticosa, nasce il torrente Idice che raccoglie le acque che scendono anche da Monte Oggioli.

 

Riferimenti: Carte geologiche ISPRA alla scala 1:50000, foglio 237, 238, 252, 253.

G.B.Vai-2015 “GUIDA GEOLOGICA ALL’ALTO APPENNINO BOLOGNESE” bozza Gian Battista Vai,  Paolo Ferrieri, Fabio Gamberini (collaborazione di Alessandro Ceregato, Stefano Falcone, Federico Fanti, Daniele Scarponi, Carlo Sarti, Barbara Sorce, Marco Taviani”, sia MOH che MOV vengono accorpati in un’unica formazione come Flysch, da segnalare la particolarità della placca di Monghidoro che si presenta rovesciata, con riferimento a un articolo storico di Maxwell del 1959.

Sito Oasi Covigliaio: http://www.oasicovigliaio.it/

Sito web Bar Lelli Pietramala: http://barlelli1957.altervista.org/blog/trekking-anello-di-monte-canda/